Materia prima: latte intero vaccino o misto ovino, talora con l’aggiunta della scrematura della mungitura serale.
Tecnologia di lavorazione: si porta il latte a 30-34 gradi, aggiungendovi siero acido e caglio liquido di vitello. Coagula in 30 minuti. Dopo la rottura della cagliata (a dimensione di guscio di nocciola) si lascia riposare per 30 minuti. Dopo queste operazioni, la massa viene estratta con mestolo o tela e deposta nelle fascere di legno. Viene quindi stufata per non oltre dieci ore. La salatura si effettua a secco sulle forme per 2 o 3 giorni. Matura in 15 giorni, in ambiente a temperatura di 5-7 gradi, talvolta in grotte naturali. Resa 12-14%.
Stagionatura: non si effettua.
Caratteristiche del prodotto finito: peso: Kg 0,3-0,5; forma: quadrata, rettangolare o talvolta cilindrica.
Area di produzione: Montevecchia (CO).
Calendario di produzione: tutto l’anno.
Note: il nome dovrebbe derivare dal latino rubere, rosseggiare, che è il caratteristico colore della crosta. Il paese di Robbio in Lomellina ne vanta invece la paternità, iure nominis. In Lombardia sono degne di menzione quelle della Val Sassina (CO), Valle Imagna (BG) e Val Torta (BS). Quelle prodotte nelle Valli del Bergamasco assomigliano ad un taleggio (cm 12x4x8). Nel Comasco tendono alla perfezione di Montevecchia quelle di Ballabio, Pasturo, Cremeno, Introbio, Primaluna, Cortenova. È probabilmente con riferimento a questi prodotti che il collaboratore dell’Inchiesta Jacini per il circondario di Gallarate scriveva: “Le contadine con metodi giunti forse fin dall’epoca preistorica, confezionano alcune caciuole, dette formagginn se quadrate e robieul se circolari, le quali o si mangiano nelle famiglie o si spacciano sui mercati ai più poveri operai”.