Salata o nel cappuccino: a Genova la focaccia si mangia così, lo sapevi?

Francesco Garbo  | 29 Mag 2023  | Tempo di lettura: 3 minuti

“Quando cammino sulle alture di Genova, ci sono momenti in cui avverto bagliori ed emozioni simili a quelle che sentì Colombo, forse negli stessi luoghi, lanciato verso il mare e il futuro”.  Così Friedrich Nietzsche descriveva Genova, città multiforme che con i suoi vicoli e la sua cucina tipica conquista chiunque decida di visitarla. Se dici Genova pensi al pesto, preparazione che è l’Umami per definizione. Il parmigiano e l’aglio si coccolano nel sapore avvolgente del basilico che con il suo profumo ammalia ancor prima di assaggiarlo. Qui la pasta al pesto è cosa seria e viene preparata insieme a fagiolini e patate. Poi i ceci in zimino, le acciughe fritte, la farinata ma soprattutto la regina della panificazione genovese: la focaccia o qui nota come fugassa, che nel dialetto ligure significa cotta al focolare.

Focaccia e cappuccino

A Genova si inizia la mattina presto a mangiare la focaccia, imbevuta nel cappuccino. Si, avete letto bene, nel cappuccino. Può sembrare una strana abitudine ma qui si usa così e provare vi farà scoprire un abbinamento del tutto inedito che unisce il sale della focaccia con il dolce del cappuccino nel quale la spugnosa focaccia si imbeve per bene. In ogni caso la storia della focaccia genovese si perde nel tempo. Sembra infatti che già i Fenici impastassero qualcosa di simile alla farina con acqua e olio.

Storia della focaccia

Ma è al ‘500 che si fa risalire la storia della focaccia genovese come oggi la conosciamo, nell’antica Repubblica genovese si impastava la focaccia con olio d’oliva e il prodotto era così apprezzato che veniva utilizzato anche come dono durante i matrimoni in chiesa fino al divieto del Vescovo Matteo Gambaro che ne proibì la distribuzione in chiesa. Non bastò però il divieto ad arginare il consumo della focaccia che anche nel Rinascimento veniva mangiata in occasione di matrimoni. Successivamente nei pressi del porto cominciano ad aprire le “sciamadde”, delle piccole friggitorie con forno dove si andavano a rifocillare i pescatori e coloro che lavoravano al porto, a partire appunto dalla colazione. La ricetta è cambiata molto nel corso dei secoli, ma la caratteristica principale è rimasta invariata. La focaccia viene stesa a mano e i buchi lasciati dalle dita durante la stesura si riempiono della salamoia, composta da acqua olio evo e sale, di cui la focaccia viene riccamente spennellata prima di essere infornata.

Le varianti della classica focaccia

Infinte le varianti della focaccia, da quella con le cipolle, usata spesso da coloro che lavoravano al porto grazie al suo potere saziante, quella con le olive, con il rosmarino e con le patate. Parlando poi di varianti ne esiste una molto gustosa, la focaccia di Recco, protetta dal marchio IGP. Molto più sottile della focaccia genovese questo tipo di focaccia è composta da due strati croccanti di pasta che contengono del formaggio, simile allo stracchino, che con il calore del forno si scioglie regalando a ogni morso un mix di croccantezza e cremosità davvero unici. Arricchite la focaccia al formaggio con un po’ di pesto per una pizza davvero strepitosa. L’abitudine dei genovesi è accompagnare la focaccia con “u gianchettu”, ovvero un bicchiere di vino magari un Vermentino, o una Bianchetta ligure. Impossibile, in ogni caso, non trovare una focaccia a Genova visto le circa 1600 tonnellate prodotte ogni anno.

Francesco Garbo
Francesco Garbo

Sono un cuoco e un giornalista enogastronomico, cucino e parlo di cibo praticamente tutto il giorno. Vino e cibo sono le due vie migliori per conoscere una cultura, in modo gustoso.



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