Si chiama come un fiore ma non lo è. Cos’è il loto di Romagna

Marianna Di Pilla  | 19 Apr 2024  | Tempo di lettura: 2 minuti
Loto di Romagna, informazioni

Ha il nome di un fiore, di quel loto che subito ci fa pensare al Giappone e alle lontane terre del Sol Levante.
E invece il Loto di Romagna IGP è tutta un’altra cosa.
Prima di tutto si tratta non di un fiore ma di un frutto, e in secondo luogo non ha niente di esotico poiché proveniente da alcune specifiche zone d’Italia, precisamente dell’Emilia Romagna.

Con il termine Loto di Romagna si indica una varietà di cachi che si raccoglie nella prima settimana di novembre e che viene coltivato in un determinato territorio.

Zone di produzione del Loto di Romagna

Un legame con l’Oriente c’è, dal momento che la pianta originariamente veniva dall’Asia Orientale. La zona di produzione del Loto di Romagna comprende però comuni appartenenti a diverse province dell’Emilia Romagna.

  • nella provincia di Bologna: Gorgo Tossignano, Casalfiumanese, Casola Valsenio, Dozza, Fontanelice, Imola, Mordano, Sesto Imolese, Medicina
  • nella provincia di Forlì: Bertinoro, Borghi, Castrocaro Terme, Cesena, Cesenatico, Dovadola, Forlì, Forlimpopoli, Gatteo Mare, Longiano, Meldola, Mercato saraceno, Modogliana, Montiano, Predappio, Roncofreddo, Savignano sul Rubicone, S. Mauro Pascoli, Tredozio
  • nella provincia di Ravenna: Alfonsine, Bagnara di Romagna, Bagnacavallo, Brisighella, Casola Valsenio, Castelbolognese, Cervia, Conselice, Cotignola, Faenza, Fusignano, Lugo, Massa Lombarda, Ravenna, Riolo Terme, Russi, Sant’Agata sul Santerno, Solarolo
  • nella provincia di Rimini: Rimini, Poggio Berni, Santarcangelo di Romagna.

Cenni storici e curiosità

Loto di Romagna, storia
Loto di Romagna

Il loto ha segnalato la propria presenza nei giardini di ville ed orti botanici di tutta Italia, conosciuto come cibo degli dei fin dalla fine del secolo scorso.
Nel periodo fra le due guerre mondiali, il cachi ha trovato il suo primo utilizzo come coltura in frutteti commerciali dapprima in Campania e poi conoscendo uno sviluppo considerevole soprattutto in Romagna.
Tale sviluppo è stato possibile perché la coltura del loto si è inserita in un ambiente produttivo agricolo già marcatamente frutticolo, trovando sul territorio competenze tecniche, capacità organizzativa e tradizione culturale favorevole. Tuttora tale area è tra le più ricche di tradizione e capacità produttiva d’Italia.

Marianna Di Pilla
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