C’è un punto, tra le pieghe più dolci della Toscana meridionale, in cui la campagna si apre come un teatro: Sinalunga affaccia sulla Valdichiana come una platea naturale, circondata da filari di viti, ciuffi d’olivo e poderi storici. È un borgo che si visita con i sensi: si guarda in alto, verso campanili rossastri e torri civiche; si ascolta il passo sul lastricato, il rintocco della collegiata; si annusa il pane caldo, l’olio nuovo, il fumo di brace che annuncia la Chianina, regina locale. Non è un luogo da checklist: è una trama di pievi etrusche, teatri ottocenteschi e sagre contadine che raccontano, con naturalezza toscana, perché qui la qualità della vita coincide con la qualità del cibo.
Il cuore di Sinalunga pulsa su Piazza Garibaldi, dove tre chiese scandiscono il profilo del borgo e la Collegiata di San Martino (1588) custodisce opere preziose. Pochi passi più in là, la Chiesa di Santa Croce mostra un altare con lo “Sposalizio della Vergine” della scuola di Luca Signorelli, mentre la Madonna delle Nevi si riconosce per la sua elegante cancellata neogotica. È una costellazione minuta, ma di carattere, che restituisce la fisionomia di un borgo colto e insieme agricolo. Il simbolo civile è il Palazzo Pretorio in Piazza IV Novembre, con la torre che ricorda – in piccolo – quella del Mangia di Siena. Erto tra il 1337 e il 1346, fu tribunale e carcere; sulla facciata spiccano stemmi di podestà senesi e medicei e, a destra del portale, la gogna che ricordava (e ammoniva) la giustizia di un tempo. Un edificio severo ma eloquente, che riassume l’anima municipale della Valdichiana medievale. Pochi borghi possono infine vantare un teatro all’italiana intimo e curato come il Teatro Comunale Ciro Pinsuti (1797). Dedicato al compositore sinalunghese Ciro Pinsuti, allievo di Rossini e professore alla Royal Academy of Music di Londra, il teatro è tornato a nuova vita nel 2002 dopo un accurato restauro che lo ha restituito alla comunità. Oggi ospita stagioni di prosa, musica e incontri che confermano la vocazione culturale del borgo.
Sinalunga non vive solo sulla superficie. Sotto la tessitura urbana scorre una storia antica. Nella frazione di Pieve di Sinalunga sorge la Pieve di San Pietro ad Mensulas, una delle chiese più antiche del territorio, innestata su preesistenze di epoca romana lungo l’asse della via Cassia: un’aula romanica sobria, con pietra calda e pareti che parlano di secoli di fede e transito. Un luogo che vale la deviazione per sentire quanto, in Toscana, il Medioevo dialoghi pacificamente con il mondo classico. L’eredità etrusca è raccontata dalle Stanze di Larth, piccolo ma suggestivo spazio espositivo nel centro storico con reperti provenienti dalla necropoli di San Giustino e dal vicino insediamento di Le Carceri: urne cinerarie, materiali di vita quotidiana, un montaggio che restituisce la quotidianità di una civiltà elegantemente pratica.
Bettolle è un capitolo a sé: non solo cerniera stradale e dinamico centro agricolo, ma anche scrigno di storia granducale con la Real Fattoria di Bettolle, legata all’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano e poi ai Lorena. Tra portici e corti rurali si legge la modernità della grande bonifica lorenese. Qui, e in tutta Sinalunga, la Chianina non è solo allevamento: è cultura del paesaggio. Poco distante, la Tenuta La Fratta custodisce un borgo agricolo medievale documentato sin dal 1208 e un importante allevamento di Chianina; è anche location del “Pinocchio” (2019) di Matteo Garrone: vedere per credere quanto cinema e campagna sappiano capirsi quando i mattoni sono quelli giusti. Scrofiano è la collina romantica: antica Torre del Cassero, vicoli sospesi, e la Collegiata di San Biagio (XIII sec., con rifacimenti tra Cinque e Seicento) che conserva dipinti di scuola toscana tardo-cinquecentesca. A febbraio, la Festa di San Biagio ribadisce il legame tra rito, comunità e identità di frazione. Rigomagno, il “colle degli ulivi”, è un gioiello murato: tracce importanti delle mura trecentesche, torri semicircolari, Porta Senese e Porta Nord, una cisterna pubblica ottocentesca e la chiesa di San Marcellino. Il colpo d’occhio vale il viaggio, specie al tramonto, quando gli olivi fanno da cornice in controluce.
Sinalunga è patria di origine della Chianina: qui il bovino più grande del mondo ha trovato nei secoli un habitat perfetto. Oggi la carne è tutelata all’interno dell’IGP Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale, che garantisce tracciabilità e standard di allevamento: il taglio icona è la bistecca alla fiorentina, da condividere, rosa e succosa. In carta non mancano i pici all’aglione: grandi spaghetti di farina e acqua conditi da un sugo rosso dove l’Aglione della Valdichiana —dolce, digeribile—protagonista assoluto. L’aglione è inserito nell’Ark of Taste di Slow Food, a testimonianza di un patrimonio gastronomico da tutelare, e ha avviato l’iter per il riconoscimento DOP. E sì, l’abbinamento “pici + aglione + olio nuovo” racconta da solo un pranzo di campagna. L’olio è un altro capitolo fondamentale: siamo nell’areale della menzione Toscano IGP – Colline Senesi, un extravergine profumato d’erba e carciofo, capace di accendere una fettunta o di rifinire la Chianina appena uscita dalla brace. Il calice? A Sinalunga si beve bene e vario. Siamo nella sottozona Chianti Colli Senesi DOCG—Sangiovese in primo piano, territorio in etichetta—e in piena area della Valdichiana Toscana DOC, con bianchi storici e reinterpretazioni moderne. In località Farnetella la tradizione del Chianti Colli Senesi è viva nelle aziende storiche; il territorio aderisce alla Strada del Vino Nobile di Montepulciano e dei Sapori della Valdichiana Senese, che unisce cantine, ristoratori e produttori in un racconto coerente.
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