Solina

PaesidelGusto  | 10 Gen 2019  | Tempo di lettura: 4 minuti

Area di produzione
Il territorio interessato alla coltivazione della Solina comprende tutta la provincia dell’Aquila e alcuni comuni montani delle provincia di Pescara e Chieti.

 

Descrizione
La Solina è un frumento tenero (Triticum aestivum) ad habitus nettamente invernale (non può essere seminata in primavera) con portamento a fine accestimento prostrato o semi-prostrato. È caratterizzato da taglia elevata (110-135 cm), spiga aristata di dimensioni medio- lunghe (8,0-9,5 cm) e di colorazione bianca (si ritrovano anche alcune spighe rossastre), le ariste sono dello stesso colore della spiga. È una varietà locale tardiva nella spigatura e nella maturazione. Produce cariossidi grandi (42-46 mg, lunghe da 2,85 a 2,95 mm), discretamente provviste di proteine (13,5-15,5%).
Molto rustica, ben adattata a terreni poveri, molto resistente al freddo, di produttività limitata (al massimo 20 q/ha) ma dalle produzioni costanti.
Dal grano di Solina si ricava una farina classificabile tra quelle direttamente panificabili e poco tenace, adatta alla lavorazione manuale.
La sua frugalità la rende inoltre adatta alla coltivazione con i metodi dell’agricoltura biologica in quanto non richiede elevati apporti di azoto e grazie alla sua taglia ed alla sua capacità di accestimento riesce a competere con le erbe infestanti, non rendendo così necessario il ricorso al diserbo chimico.

 

Coltivazione
1. Avvicendamento
La Solina dà le sue migliori produzioni dopo una coltura sarchiata (mais, patata) o dopo leguminose da granella (cece, lenticchia), ottimi riscontri si ottengono dopo prato avvicendato di trifoglio annuale o di lupinella, mentre dopo erba medica potrebbe crearsi qualche problema per l’eccesso di forza residua del terreno causa di un esagerato sviluppo in altezza e del conseguente allettamento della coltura con perdite di produzione. È assolutamente sconsigliabile farla seguire ad altri cereali soprattutto per la sua sensibilità ad alcune malattie fungine quali la “carie” (Tilletia carie, detta popolarmente “carbonella”).
2. Semina
La semina è esclusivamente autunnale e va dalla metà di settembre per i terreni a quote più elevate (ad esempio sull’Altipiano delle 5 miglia), alla seconda decade di ottobre per i terreni delle vallate interne. Al di fuori di questi periodi non si ottengono buoni risultati produttivi. Si semina in ragione di circa 200-220 kg di seme per ettaro, corrispondenti a circa 450-500 semi a mq. Ancora oggi i terreni sono misurati con le unità di misura locali e per seminare 1 coppa di terreno (520 mq) è necessaria 1 coppa (circa 11 kg) di grano.
3. Raccolta
A seconda della quota di coltivazione la raccolta può oscillare dalla metà di luglio alla terza decade di agosto, in alcune annate è successo che semina e raccolta si siano praticamente sovrapposte. Quando la mietitura si effettuava a mano e quindi era separata dalla trebbiatura, si iniziava a fine giugno, come testimoniato da un proverbio raccolto in Valle Subequana che recita: –San Pietro (29 giugno) verde e secco mieti. In questo caso il grano proseguiva la maturazione nel covone prima di essere portato sull’aia e trebbiato.

 

Cenni storici e curiosità
In tutto l’Abruzzo interno quando si parla di grano (le rène, lo rano) si intende la Solina. Diversi proverbi testimoniano la stretta connessione tra questa varietà e la vita del popolo abruzzese. In particolare la caratteristica più apprezzata è la sua costanza produttiva che garantiva l’alimentazione e quindi sopravvivenza delle famiglie. In alcuni detti popolari si esaltano le elevate caratteristiche organolettiche di questo frumento, infatti si sostiene, a ragione, che “quella di Solina aggiusta tutte le farine”. Ancora oggi la bontà e la genuinità della Solina sono riconosciute da numerosi agricoltori che, a dispetto delle varietà moderne e delle loro caratteristiche produttive, ritengono di non potersi privare del sapore e del profumo del pane e della pasta ammassati con questo tipo di cereale. Persino quelli che invece ne conservano solo il ricordo d’infanzia, sono pronti a testimoniare questa unicità, e a evocare le sensazioni generate dal solo parlarne.
La sua ancestralità è testimoniata oltre che dai detti popolari (“ogni grano torna a Solina” e “la Solina è la mamma di tutti i grani”) anche da documenti storici, quali alcuni atti di compravendita del 1500 stipulati presso la Fiera di Lanciano e in un testo di fine ‘700, il saggio di Michele Torcia “Pel paese de’ Peligni” che così recita “Non dimenticheremo il pane di Popoli che non la cede se non al solo di Teramo in tutta la Monarchia… Il pane a Popoli esce dal grano solino…”. Si tratta di un rarissimo e documentato esempio di legame tra una varietà di prodotto ed il territorio. Per ulteriori informazioni sulla storia e le tradizioni legate alla Solina si può consultare la pubblicazione della ricerca di Porfiri O., Silveri D.D., Torricelli R., Veronesi F., 2004, “Le risorse genetiche autoctone della regione Abruzzo: un patrimonio da valorizzare” ARSSA, Avezzano (AQ); inoltre “Origine e storia delle piante coltivate in Abruzzo” di A.Manzi, (Casa editrice Rocco Barabba, 2006, Lanciano (CH)) ed infine il “Saggio itinerario nazionale pel paese de’ Peligni fatto nel 1792”di M. Torcia (Napoli, 1793) e ristampato nel 1986 a cura di Adelmo Polla Editore, Cerchio.

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