Le dimensioni dei carpofori di questo tartufo sono molto variabili e vanno da quelle di un pisello a quelle di una grossa patata che può avvicinarsi in alcuni casi al chilogrammo di peso. La forma può essere regolarmente globosa ma anche irregolare con numerosi lobi e sinuosità. Il periodo esterno è di colore giallo-ocraceo o giallo-olivastro, a volte con zonature bruno-ruggine anche estese. La superficie è liscia. La gleba appare di colore variabile dal bianco al grigiastro, alle varie tonalità di giallo o anche decisamente noccio, a in alcuni esemplari si notano zone di colore rosso scuro. Essa risulta solcata da sottili venature biancastre ad andamento sinuoso ed anastomosate in più punti. L’odore, particolarmente spiccato e aromatico, non è facilmente definibile, ma ricorda una combinazione di aglio e formaggio grana. Cresce in pianura ed in collina fino a 600-700 m s.l.m. (eccezionalmente anche più in alto), in simbiosi con il tiglio, il pioppo, le querce, i salici ed i noccioli. Come quasi tutte le specie di tartufi si sviluppa su locali calcarei a reazione neutra o sub-alcalina. Ama anche i terreni freschi e cresce preferibilmente lungo le vallate in prossimità di corsi d’acqua. L’epoca di maturazione varia da settembre a dicembre ed è influenzata notevolmente dall’altitudine: i primi tartufi a maturazione sono sempre quelli in pianura.
Territorio interessato alla produzione:
Zone collinare e di media montagna delle province di Rimini e Piacenza (per le province di Bologna e Forlì-Cesena si veda il prodotto “Tartufo Bianco Pregiato”).
Cenni storici e curiosità
Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) nella “Historia naturalis” li distingue dai funghi, senza tuttavia riuscire a definirli con esattezza, e ne parla diffusamente.
Poi, non abbiamo citazioni e notizie precise sui tartufi fino al Rinascimento, quando S. Ambrogio scrive al Vescovo di Como per ringraziarlo dell’invio di “terratuffole” di straordinaria grandezza. Nel ‘500 i tartufi erano largamente presenti nelle mense di alto rango e lo stesso imperatore francese Carlo V ne ordinò la intensificazione del commercio consolidando nella regione del Périgord una tradizione che si è sempre più sviluppata, fino all’odierna produzione record di circa 40.000 q.li.
In Italia le zone più produttive sono le Langhe, per il tartufo bianco, ed il territorio intorno a Norcia, per il tartufo nero. Tra queste non sfigurano – se non per quantità – le zone della provincia di Piacenza, dove il tartufo figura nella cucina tradizionale ormai da tempo immemorabile.
Se ne trova traccia anche nell’alta Romagna, in prossimità delle Marche.
Se c’è una città capace di unire il clima mediterraneo alle tradizioni tirolesi, ...
È finalmente iniziata la magica stagione dei Mercatini di Natale, un’occasione ...
Nel bellissimo Trentino, incastonata tra le affascinanti e apprezzatissime Dolomiti, ...
Il pasticcio di maccheroni alla ferrarese è un piatto tradizionale ...
©
2024 Valica Spa. P.IVA 13701211008 | Tutti i diritti sono riservati.
Per la pubblicità su questo sito
Fytur