Tartufo nero estivo (tuber aestivum), trifula negra

PaesidelGusto  | 10 Gen 2019

Le dimensioni variano da quelle di una noce a quelle di una grossa arancia di forma generalmente rotondeggiante. Il peridio è nero e presenta grandi verruche piramidali a cinque, sei sette facce, larghe 3-10 cm ed alte 1.5-3 mm, con vertice smussato e con le facce laterali che evidenziano sottili striature longitudinali fra loro parallele. La gleba è inizialmente biancastra e poi, quando il carpoforo giunge a maturità, diviene di colore nocciola. In sezione presenta numerose venature biancastre, sottili ed anastomosate in più punti. L’odore è delicato e gradevole e ricorda le nocciole. Cresce in pianura ed in collina fino a 1300 m s.l.m., in simbiosi con numerose specie forestali fra le quali si ricordano querce, pini, faggi, carpini, betulle e noccioli. Anche questa specie, come il tartufo nero pregiato, forma “pianelli”.

 

Territorio interessato alla produzione:
Zona precollinari, collinari e di media montagna delle province di Piacenza e Rimini.

 

Cenni storici e curiosità
Le prime notizie botaniche sui tartufi le troviamo nella “Historia plantarum” di Teofrasto, autore greco del IV secolo a.C., considerato il padre della botanica: li descrive come funghi, piante imperfette prive di radici, foglie, fiori e frutti, e li denomina “hydnon”.
Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) nella “Historia naturalis” li distingue dai funghi, senza tuttavia riuscire a definirli con esattezza, e ne parla diffusamente.
Poi, non abbiamo citazioni e notizie precise sui tartufi fino al Rinascimento, quando S. Ambrogio scrive al Vescovo di Como per ringraziarlo dell’invio di “terratuffole” di straordinaria grandezza. Nel ‘500 i tartufi erano largamente presenti nelle mense di alto rango e lo stesso imperatore francese Carlo V ne ordinò la intensificazione del commercio consolidando nella regione del Périgord una tradizione che si è sempre più sviluppata, fino all’odierna produzione record di circa 40.000 q.li.
In Italia le zone più produttive sono le Langhe, per il tartufo bianco, ed il territorio intorno a Norcia, per il tartufo nero. Tra queste non sfigurano – se non per quantità – le zone della provincia di Piacenza, dove il tartufo figura nella cucina tradizionale ormai da tempo immemorabile.
Se ne trovano tracce anche nell’alta Romagna, ai confini con le Marche.

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