Tirotta con cipolla, tiratta ala zivola

PaesidelGusto  | 10 Gen 2019

Farina di grano tenero “0”, acqua, olio extra vergine oliva, strutto di puro suino, sale, malto, lievito di birra, cipolla fresca tipo tropea.
Impastare gli ingredienti, esclusa la cipolla, che viene aggiunta solo nel terzo momento di amalgamamento. Formare una “boccia” e metterla in padella a riposo, poi stenderla e salarla in superficie e cospargerla d’olio. Farla lievitare e poi cuocere.

 

Territorio interessato alla produzione: Tutti i comuni della provincia di Ferrara

 

Cenni storici e curiosità
La tiròta è una “focaccia a base d’impasto di pane”, secondo la definizione data da un vocabolario ferrarese-italiano (Sacchi-Màrtin, p. 170). Il connubio tra il famoso pane ferrarese e la cipolla trae le sue origini non solo dai mangiari “poveri” delle campagne, ma anche dal gusto particolare della cucina ferrarese in cui si faceva ampio uso di ortaggi e di “fortume”, condimenti di sapore forte (come l’aglio e la cipolla), che comparivano nelle spese settimanali per la tavola dei duchi estensi (Chiappini, p. 146; Panatta, p. 89 e 91). All’epoca del famoso “scalco” Cristoforo di Messibugo si usavano moltissimo gli odori, vale a dire erbe aromatiche e spetiarie per insaporire le vivande: tra questi un posto di primo piano avevano i bulbi, cioè agli, cipolle, porri, scalogni (Panatta, p. 86). Dalle ricette estensi alla Cucina più povera, per il pane e la cipolla uniti il passo deve essere stato breve: cosa poteva esserci di più appetitoso che unire il miglior “pane del mondo” ad un ortaggio “povero” ma infinitamente saporito? Tanto più che c’era anche una benedizione “storica”: fin dall’antichità greca era uso aromatizzare il pane con una vasta gamma di spezie, tra le quali proprio la cipolla; un uso forse arrivato nel ferrarese atraverso il grande emporium commerciale di Spina (Giglioli, p. 77). Aldilà del nome che si chiami tiròta o focaccia o, ancora pinzone il pane aromatizzato con la cipolla rappresentata una delle specialità tipiche del ferrarese, confezionata dai forni, secondo le testimonianze orali, fin dai primi decenni del Novecento, e ben presto “mportata” nelle zone vicine: rientra nel novero dei “pani speciali” che caratterizzano la “moltiplicazione dei gusti” dell’età contemporanea.

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