Siamo al limitare della Pianura Padana, ultima tappa emiliana prima di arrivare in Lombardia, siamo a Piacenza una città dove sono passati soldati, merci e pellegrini. La posizione di Piacenza è infatti molto strategica e fu sfruttata dai romani che qui posero un avamposto. Nel corso degli anni è diventato un vero e proprio centro nevralgico di traffici di merci. Il cambio radicale da roccaforte di controllo a città commerciale avvenne durante il Medioevo, proprio di quest’epoca rimangono le tracce passeggiando per la città.
Passeggiando tra le strade è possibile ammirare i fasti del Rinascimento, frutto del mecenatismo che ha saputo regalare grandi opere, ne è un esempio la piazza dei Cavalli con le sue statue equestri, il Palazzo Farnese, la Porta del Paradiso e infine i mosaici pavimentali con il ciclo dei mesi della Basilica di San Savino. Non meno ricca la tradizione culinaria che ha come parola chiave ospitalità. I cittadini di Piacenza erano infatti avvezzi ad accogliere i pellegrini: salumi, formaggi e vino sono i prodotti di eccellenza, ricordiamoci che siamo pur sempre nella food valley e le eccellenze qui non mancano. Coppa, pancetta e salame piacentino, così buoni e raffinati da essere protagonisti del banchetto di nozze tra Filippo V e Elisabetta Farnese.
Molti i piatti della tradizione come ad esempio i tortellini ripieni di ricotta, la bomba di riso con funghi e piccione, gli gnocchetti con i fagioli qui noti come pinsarei e faso e gli anolini. tra i secondi invece come non nominare i brasati, le lumache in umido e per chiudere i dolci, tutti preparati con ingredienti molto semplici come i tortelli dolci, la torta di mandorle e la spongata o anche le conserve di frutta con varietà locali come la mela cotogna e la ciliegia di Villanova d’Arda.
Ambiente semplice ma molto accogliente, la cucina è quella tipica e lo si vede dai salumi piacentini negli antipasti e dal carpaccio di cavallo, tra i primi i pisarei e faso, i tortelli con le code e gli anolini serviti in brodo di cappone come tradizione vuole. Tra la carne la lombata di cinghiale e gli stracotti.
Insegna storica, Marco è stato uno dei primi titolari del locale. Il menu è una continua alternanza di piatti tipici locali e piatti più elaborati ma anche frattaglie. La tradizione ritorna comunque anche nei piatti più elaborati, gli ingredienti sono quelli delle ricette tradizionali ma lavorati e rielaborati come nel caso degli gnocchi di patate, ragù di anatra, caciocavallo e cavolo nero
“Situato nel cortile della chiesa sconsacrata dedicata a Sant’Agostino, IO nasce dal recupero della falegnameria annessa al Monastero, e si propone come un luogo di incontro tra arte, cultura e vita sociale. IO è un mix esplosivo tra arredamento di design e un ambiente essenziale nei toni del grigio e verde acqua. Gli spazi sono abbracciati dalla bellezza e dal fascino di un luogo senza tempo.” Queste le parole che si leggono sul sito. Ci troviamo in un locale gourmet di cucina moderna, i piatti dello Chef Taglienti sono studiati e ricercati. Non mancano sulla carta i riferimenti a prodotti locali.
Avete letto bene si chiama ostreria, non è un errore di battitura, il termine fa riferimento al tre, come i fratelli che si dividono tra la sala e la cucina. Un ambiente semplice e conviviale gestito con l’unione che solo dei fratelli possono avere. L’ambiente è piacevole, sul menu praticamente tutti i piatti della tradizione: salumi, anolini, tortelli piacentini di ricotta e spinaci e la bomba di riso, daino e storione tra i secondi.
Ci troviamo in un antico borgo medievale, il menu di questo locale parla di trasparenza. Sfogliando il menu infatti possiamo leggere chi sono i fornitori, uno ad uno, con tanto di profili social. Tante le proposte della tradizione piacentina alternate con quelle più innovative. I vini locali sono abbinati sapientemente alle pietanze. I camini nelle sale sono perfetti durante la stagione fredda mentre in estate si può mangiare all’esterno all’ombra di un glicine secolare.
Sono un cuoco e un giornalista enogastronomico, cucino e parlo di cibo praticamente tutto il giorno. Vino e cibo sono le due vie migliori per conoscere una cultura, in modo gustoso.
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