Territorio interessato alla produzione: L’area di produzione è rappresentata dal territorio regionale con particolare riferimento alla Comunità Montana del Montiferru.
Descrizione sintetica del prodotto
Il latte utilizzato per la produzione della Trizza viene coagulato alla temperatura di 32 C, previa aggiunta di siero innesto proveniente dalla caseificazione precedente ed usando caglio liquido. Dopo un’attesa di 20 – 30 minuti, si effettua la rottura della cagliata a grano di cece, con l’utilizzo di uno spino a lira. Si ha poi alla fase di maturazione della cagliata che consiste in una fermentazione lattica la cui durata varia in media dalle 18 alle 24 ore. Si passa poi al test di filatura su fiamma (si effettuano piccoli prelievi a brevi intervalli di pasta e si testa su fiamma per provare se si allunga in fibre elastiche, cioè fila). Successivamente la pasta viene tagliata a fette e viene poi sottoposta a successiva filatura in paiolo per circa 2 o 3 minuti con l’ausilio di una spatola, modellata manualmente fino a raggiungere la forma di una treccia. Le forme così plasmate vengono immerse in salamoia per un periodo di tempo che non supera le 24 ore. Tolte dalla salamoia le forme vengono lasciate asciugare su panni, su graticci di canne o su legno per circa due giorni, dopo averle eventualmente lavate.
Da notare che l’asciugatura del prodotto è effettuata su panno, graticcio di canna o su legno, e quindi non nel siero come avviene per la Treccia o Mozzarella comune.
La pezzatura della Trizza è di circa 1-2 Kg. e il consumo avviene entro 3 giorni dalla produzione. Non è quindi soggetta a stagionatura.
Cenni storici e curiosità
Un autorevole studioso sardo, Felice Cherchi Paba, il quale visse per lungo tempo nel Montiferru, nella sua opera “Evoluzione Storica della Attività Industriale Agricola Caccia e Pesca in Sardegna – Vol. II” sposa la tesi che vuole l’origine etimologica della parola Trizza risalente al Greco Thiriccas del periodo Sardo-Bizantino (476-1054): “detti formaggi infatti nella chiesa Greca venivano largamente consumati in Quaresima, tanto che le ultime settimane di questa venivano chiamate settimane “Thirine”, da thiriccas.
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