In Umbria il ristorante stellato lo trovi in un vecchio mulino: ecco qual è, 5 domande allo chef e la ricetta del cuore che è un segreto

Maddalena  | 04 Ott 2024
Archivio personale ristorante UNE

Siamo a Capodacqua, una piccola frazione di Foligno. Qui c’è un piccolo locale costruito con la classica pietra umbra che rende tutto così magico e accogliente.

Nel cuore dell’Umbria, una regione ricca di storia e tradizioni, Une è il ristorante stellato che ha saputo trasformare un antico mulino in una destinazione culinaria di eccellenza. Questo luogo, un tempo fulcro della vita contadina, è oggi un santuario gastronomico che celebra la cucina umbra in tutte le sue sfaccettature. Guidato dal talentuoso chef Giulio Gigli, Une non è solo un ristorante, ma un vero e proprio viaggio indietro nel tempo, un’esperienza che unisce la bellezza del passato con l’innovazione del presente.

Une: un filo rosso tra passato e presente

Giulio Gigli[foto account Instagram @ristoranteune/ solo uso editoriale]
Giulio Gigli [foto account Instagram @ristoranteune/solo uso editoriale]

Situato a Capodacqua di Foligno, Une è circondato da boschi, montagne e torrenti, in un paesaggio che sembra uscito da una cartolina d’altri tempi. Questo antico mulino e frantoio, risalente al ‘400 e al ‘600, è stato trasformato con cura e rispetto per la sua storia. Entrando, si viene accolti da un ambiente che conserva il fascino rustico delle sue origini: pareti in mattone, pavimenti in cotto grezzo, e tavoli in legno con una mise en place minimale.

L’accoglienza è calorosa e genuina, con una mappa dell’orto affissa al muro che mostra la dedizione del ristorante alla sostenibilità e alla stagionalità degli ingredienti. Il manifesto di Une recita infatti: “Il progetto gastronomico si snoda attraverso tre chiavi di lettura: la sostenibilità, che passa dal riutilizzo degli scarti in cucina e dell’orto, l’attenzione alla stagionalità degli ingredienti e le relazioni con produttori, clienti e gruppo cucina che sono al centro della cucina”.

Giulio Gigli: talento e tradizione

Une [foto @ristoranteune.com/ solo uso editoriale]
Une [foto @ristoranteune.com/solo uso editoriale]

Giulio Gigli, lo chef di Une, ha un curriculum che parla da sé: Il Pagliaccio a Roma con Anthony Genovese, Le 1947 à Cheval Blanc con Yannick Alléno, Benu a San Francisco e Disfrutar a Barcellona. Quattro anni fa, pochi avrebbero immaginato che Gigli avrebbe scelto l’Umbria come palcoscenico per il suo talento, ma nell’agosto 2021, insieme alla compagna Lucile Kopczynski, ha inaugurato Une. Gigli porta con sé una visione chiara: combinare tecnica e creatività senza mai perdere di vista la gioia di chi siede a tavola.

Ogni piatto è pensato per esaltare i sapori locali, riducendo al minimo gli sprechi e celebrando le materie prime del territorio. Il risultato è una cucina contemporanea, sostenibile e accessibile, che riesce a stupire senza mai essere eccessiva. Il menù di Une riflette questa filosofia con due degustazioni principali: “Acquedotto” con sei portate a 75€ e “Relazioni” con otto portate a 95€. Per chi vuole un’esperienza completa, c’è il “Menu Completo” di dieci portate a 125€. Ogni piatto è un omaggio alla tradizione umbra, reinterpretato con maestria e rispetto.

La storia di Une e il suo legame con l’Umbria

Une [foto @ristoranteune.com/ solo uso editoriale]
Une [foto @ristoranteune.com/solo uso editoriale]

La scelta di trasformare un vecchio mulino in un ristorante non è casuale. Capodacqua di Foligno è una frazione con più storia che abitanti, un crocevia di acque, commercio e uomini che ha sempre avuto un ruolo centrale nella vita della comunità. Questo legame con la tradizione e la storia locale è evidente in ogni dettaglio di Une. Fin dall’inizio, Giulio Gigli e il suo team hanno voluto creare un luogo che fosse un punto di riferimento per la comunità locale.

La carta dei vini, con oltre 270 etichette, e il menu che include piatti pensati per i bambini, riflettono questa volontà di accogliere tutti, dai gourmet agli abitanti del posto. La brigata di sala, tutta al femminile e guidata da Gaia Landrini e Federica Capodicasa, contribuisce a creare un’atmosfera di armonia e serenità. Ogni piatto racconta una storia, come il “Raviolo ripieno di baccalà mantecato, pil pil e succo di fagiolini” o il “Piccione di Capodacqua, agretti del nostro orto, gel di mela verde, vinagrette di colatura di alici”. Sono piatti che combinano ingredienti locali con tecniche moderne, offrendo un’esperienza culinaria che è sia un omaggio alla tradizione che una finestra sul futuro.

5 domande a chef Giulio Gigli e la sua ricetta del cuore

Lo chef, Giulio Gigli, ha deciso di fondare sulla sua Umbria l’identità del locale e dei piatti che giorno dopo giorno deliziano i commensali con sapori delicati e sempre estremamente eleganti, che rimangono armoniosamente in equilibrio tra le sapidità naturali degli elementi sapientemente lavorati e cucinati. L’Umbria si ritrova tra le pietre del locale, tra le ceramiche dei piatti realizzate e decorate da artigiani del luogo e negli ingredienti che per la maggior parte vengono coltivati da Giulio e il suo staff nell’orto adiacente al locale.

Abbiamo avuto il piacere di intervistare Giulio e fargli qualche domanda sul suo locale e sul suo concetto di cucina.

Perché il nome Une

Archivio personale ristorante UNE

“UNE significa acqua, quando stavamo cercando un nome per il ristorante ci siamo messi a cercare tra una delle cose più Umbre che esista, le tavole eugubine. Queste tavole sono scritte sul bronzo dal popolo umbro e siamo stati colpiti da questa parola: Une. Tutto è diventato molto coerente siamo infatti a Capodacqua  con l’acquedotto ancora attivo. Il ristorante dove siamo ha sempre sfruttato la potenza dell’acqua, prima infatti era un frantoio, poi è stato un mulino. In maniera fantasiosa Une sembra il plurale di Uno o la radice di Unire, uno dei nostri menu si chiama relazioni e l’altro acquedotto. Il nostro progetto parla molto di territorio, in relazione con i piccoli produttori e allevamenti della zona. Il menu è basato sui prodotti del territorio.”

Come nasce UNE?

Archivio personale ristorante UNE

“Nasce dopo il Covid, avevo smesso di lavorare e restando bloccato a casa ho riscoperto l’Umbria e suoi i prodotti. Ero partito a 19 anni e ho dovuto riscoprire l’Umbria e i suoi piatti, con una sensibilità diversa, dopo anni in giro per il mondo. Mi sono reso conto che la qualità di vita era alta quindi era interessante stare qui. Decidere di fare qualcosa da solo è difficile ma con famiglia e amici vicini è stato tutto più facile. Prima dell’apertura era un cantiere con tutti loro a dare una mano.”

Quanto è importante per la tua cucina il tuo territorio?

Archivio personale ristorante UNE

“Molto importante, mi interessava fare un ristorante umbro in Umbria, un ristorante che crei rete, non fine a se stesso. La fortuna  del ristorante è la fortuna anche dei produttori e coltivatori che ci danno materie prime di ottima qualità. Qui ci sono prodotti che potrebbero avere importanza al livello mondiale come la fagiolina del lago Trasimeno e i fiori di aglione.”

L’idea dell’orto di proprietà del ristorante come nasce?

[foto copertina account Instagram @ristoranteune/ solo uso editoriale]
[foto account Instagram @ristoranteune/ solo uso editoriale]

“Quando ho trovato questo posto c’era lo spazio esterno. Questo quindi chiude il cerchio. Collaboriamo con agricoltori del luogo ma a me piace anche coltivare cose particolari che i mercati non offrono quindi avere l’orto per programmare un menu con determinate produzioni nostre. Inoltre con i prodotti del nostro orto facciamo molte conserve e le vendiamo anche ai nostri clienti.”

Il tuo piatto preferito?

“La lasagna di mia nonna è una delle cose più buone che mi ricordo. Ho viaggiato per tanti paesi e ogni paese mi ha colpito per i suoi piatti tipici, sono affascinato dalla cultura culinaria del mondo e per questo nei mei menu c’è sempre una strizzata d’occhio a una spezia particolare piuttosto che a una lavorazione che fa parte della mia carriera.”

La ricetta di Giulio

Archivio personale ristorante UNE

Giulio ha lasciato ai nostri lettori una delle ricette a lui più care da poter replicare a casa. Come mi spiega Giulio questa ricetta è un “valorizzare uno spicchio d’aglio. L’aglione non contiene salicina è aglio nobile. Molto più grande del normale aglio, è anche chiamato aglio del bacio perché appunto dopo averlo mangiato ti puoi baciare”. In questo piatto l’aglione regala un sapore dolce-amaro che ricorda l’asparago selvatico, accompagnato dal suo fiore e dall’ajo blanco, ovvero una zuppa fredda di origine andalusa realizzata con le mandorle.

Ingredienti

  • Aglione 4 spicchi
  • Olio EVO
  • 500 g di mandorle
  • 100 g di aceto di sambuco
  • Fiori di aglione
  • 150 ml di vin santo
  • 30 g burro
  • Sale e pepe q.b

Procedimento

  1. Si inizia cuocendo l’aglio nell’olio per un’ora a 80°C.
  2. A parte si prepara una crema di mandorle con aceto di sambuco e un po’ d’acqua. Dopo averla frullata, filtrata e aggiustata con sale e pepe è pronta per essere la base del piatto.
  3. Una volta cotto, l’aglione si fa glassare in una riduzione di vin santo e burro.
  4. Assembrare il piatto con la salsa alle mandorle, poi lo spicchio d’aglione e i suoi fiori.

[foto copertina account Instagram @ristoranteune/ solo uso editoriale; foto interne @ristoranteune.com/ solo uso editoriale]

Maddalena
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