Valerio Massimo Visintin, il critico gastronomico più sconosciuto (e amato) d’Italia

Francesco Garbo  | 01 Feb 2024  | Tempo di lettura: 4 minuti
Crediti Roberta Chiesa

Con l’enorme mole di programmi televisivi che hanno come protagonisti chef austeri e rigorosi che giudicano i piatti come un critico d’arte fa con le opere, anzi in modo ancora più duro e spietato, oggi tutti ci sentiamo dei piccoli critici gastronomici. Ecco quindi che il piatto non è armonioso, la sapidità è eccessiva e l’acidità non risalta al palato come dovrebbe. Ma quando parliamo, sappiamo veramente cosa stiamo dicendo o quello che la nostra bocca proferisce è un verso che scimmiotta ciò che abbiamo sentito in tv? Per tanti critici “da salotto”, c’è invece chi della critica gastronomica ne ha fatto un mestiere, anzi di più, quasi una missione. Un uomo che in ogni occasione pubblica si mostra mascherato, per non influenzare in nessun modo l’approccio che i ristoratori possono avere se alle prese con un critico famoso. Stiamo parlando di Valerio Massimo Visintin, con alle spalle una carriera trentennale e uno spazio fisso sul Corriere della Sera, probabilmente il critico gastronomico più famoso d’Italia. Ho avuto il piacere di intervistarlo e sono riuscito a strappargli 3 regole auree per chi volesse dilettarsi, in modo più autorevole e preciso, a scrivere recensioni dei ristoranti in cui è stato a mangiare, o semplicemente, recensirli a voce nei racconti con gli amici.

Valerio Massimo Visintin, il “critico mascherato” più famoso d’Italia

Come nasce la passione per il cibo?

“Avevo dei genitori molto inclini a uscire le sere al ristorante quindi è stato un’eredità familiare.”

La critica enogastronomica è morta?

“Si, non è mai forse nata seriamente a parte la parentesi con Edoardo Raspelli negli anni 70. Non si è mai data una regola, non ha seguito l esempio lasciato appunto da Raspelli e ha fatto il contrario di quello che doveva fare. La situazione è ormai irreversibile, prima le blogger (parlo al femminile perché erano quasi tutte donne all’inizio) poi sono intervenuti i social, poi ancora gli influencer. Adesso ormai l’infomazione in generale è in crisi, soprattutto quella gastronomica.”

Quale sarà la fine dell’alta ristorazione?

Innanzitutto c’è da dire che c’è una crisi economica che si ripercuote anche sui ristoranti che non stanno più in piedi e dovranno, con il tempo, ristrutturare il loro ménage, riposizionare la macchina con meccanismi diversi, vie alternative per stare nei costi perché la gente non ha più soldi per cene miliardarie. C’è uno studio che dice che gli stellati incassano 2 mila al giorno ed è ovviamente troppo poco. Bisogna trovare una via alternativa anche se chef e ristoratori di alto livello faranno fatica a cambiare registro perché sono preparati mentalmente a questo tipo di cucina e a questi ritmi. Con il passare del tempo sia la critica italiana sia la guida Michelin ha spinto gran parte dell’alta ristorazione su dei limiti che non sono sostenibili.”

Quindi stiamo parlando dell’alta ristorazione come una bomba ben caricata pronta ad esplodere

“Se non esplode  andrà sicuramente in avaria, bisogna prendere provvedimenti. Sicuramente non bisogna eliminare la ricerca e la creatività ma ridimensionarla entro limiti umani. Nessuno riesce ad essere creativo per tutta la vita, non si può pretendere  continuamente il nuovo, spesso infatti in questo sforzo creativo gli chef si incartano. Leggevo recentemente un libro di Italo Calvino e mi sono soffermato, prima del testo, sulla sua biografia. Ho notato che i libri più importanti sono stati scritti entro i 40 anni di età, nessun essere umano è creativo per tutto il corso della sua vita”.

Piccola guida per critici amatoriali di Valerio Massimo Visintin

  1. Non giudicare solo il piatto ma tutto il contorno, dal servizio alla pulizia. Bisogna capire se il contesto è giusto rispetto alla cilindrata del locale. Queste sono tutte cose fondamentali, quanto se non più della cucina. Non bisogna limitare il giudizio alla qualità di ciò che mangiamo, il ristorante è molto di più. Sicuramente siamo molto più ben disposti a tornare dove si mangia discretamente bene ma dove ci hanno trattato bene, piuttosto che dove si mangia benissimo ma ci trattano male.
  2. Se si vuole fare un buon esercizio di critica bisogna avere il giusto distacco dai propri gusti. Se non ci piace qualcosa non vuol dire che però si debba giudicare negativamente perché a noi non piace quel determinato ingrediente.
  3. Il prezzo. Spesso viene trascurato il prezzo ma bisogna valutare se sia coerente. Questo non vuol dire basso ma che rispecchi il tenore del ristorante visitato. Non esiste alcun prodotto che prescinda dal costo, il ristorante è un servizio e dobbiamo valutarlo anche in base al prezzo al quale vende i suoi prodotti.
Francesco Garbo
Francesco Garbo

Sono un cuoco e un giornalista enogastronomico, cucino e parlo di cibo praticamente tutto il giorno. Vino e cibo sono le due vie migliori per conoscere una cultura, in modo gustoso.



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