Gli hanno dedicato persino una bottiglia: il Verdicchio dei Castelli di Jesi è il vino simbolo delle Marche

Stefano Maria Meconi  | 18 Mar 2024  | Tempo di lettura: 3 minuti

Prodotto con l’uva omonima in percentuali non inferiori all’85%, il Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC si inserisce nella ricca tradizione enologica delle Marche, regione che alla produzione delle vigne unisce una formidabile cultura del buon mangiare. Del resto, per ogni ricetta che si rispetti, ci vuole un vino che l’accompagni, e in questo caso abbiamo a disposizione un vero e proprio capofila in fatto di resa nel bicchiere. Un vino che non è solo buono, ma anche rivoluzionario: sapete che per valorizzarlo al meglio è nata una bottiglia che si usa solo per lui?

Come nasce il Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC

La coltivazione del Verdicchio dei Castelli di Jesi per la produzione dell’omonimo vino jesino ha avuto, nel corso del Novecento, periodi più o meno felici. Durante il boom economico degli anni Sessanta il Verdicchio divenne uno dei più esportati all’estero, anche grazie al miglioramento delle tecniche produttive e di raccolta. Per contro, gli anni Settanta registrarono un forte decremento in quantità e qualità del prodotto. Dagli anni Ottanta, infine, si è assistito a un progressivo recupero nella fiducia produttiva e dei consumatori rispetto a questo vino che è divenuto, negli ultimi anni, una eccellenza enologica italiana a livello mondiale.

L’uso della bottiglia “Anfora”

L’imbottigliamento del Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC è, nella maggior parte dei casi, effettuato attraverso l’impiego di una bottiglia specifica, detta anfora. Si tratta di una bottiglia di vetro verde, con base poco pronunciata e corpo sagomato, dal collo corto ma spalla fortemente inclinata. Questa tipologia di bottiglia è piuttosto recente: fu realizzata su progetto di Antonio Maiocchi nel 1954, e commissionata dai Fazi Battaglia di Cupramontana. L’obiettivo era offrire al Verdicchio una bottiglia che, mantenendone inalterate le caratteristiche organolettiche, offrisse a questo vino marchigiano una immediata riconoscibilità sul mercato. Parte integrante del design italiano, questa bottiglia è ancora oggi ampiamente utilizzata, non solo per il Verdicchio dei Castelli di Jesi ma per molti vini provenzali che necessitano di un vetro “schermante”, di colore piuttosto scuro.

Come portare in tavola il Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC

Il Verdicchio dei Castelli di Jesi, come vino bianco, trova nella cucina mediterranea il suo areale di abbinamento tradizionale. Non sono esclusi i piatti della cucina marchigiana, soprattutto le carni bianche e i bolliti, i primi a base di funghi e tartufi, le verdure e le specialità fritte come le immancabili olive ascolane, vero e proprio presidio territoriale di eccellenza di questa regione italiana.

Ancor più riuscito è l’abbinamento del Verdicchio con il pesce, dalle tipicità adriatiche fino ai molluschi, ai crostacei e agli esemplari meno vicini geograficamente. Tra le ricette che trovano il miglior abbinamento potenziale il brodetto alla sambenedettese e le mille declinazioni dei moscioli di Portonovo.

Scheda prodotto: Verdicchio dei Castelli di Jesi

  • Zona di produzione: Jesi e altri comuni della provincia di Ancona
  • Vitigni: Verdicchio (almeno 85%), Malvasia toscana e Trebbiano toscano (fino al 15%)
  • Resa massima per ha: 150 qli
  • Resa massima di uva in vino: 70%
  • Gradazione alcolica minima: 11,5%
  • Acidità totale: 5-7 per mille
  • Estratto secco netto: 18-28 per mille
  • Invecchiamento: nessuno
  • Caratteristiche organolettiche: colore paglierino tenue, brillante; profumo delicato, caratteristico; sapore asciutto, armonico, con retrogusto gradevolmente amarognolo
  • Qualificazioni: qualora il prodotto venga vinificato nella zona di produzione più antica può portare la qualifica “Classico”
  • Tipologie: viene prodotto anche nel tipo “Spumante”
  • Abbinamenti: pesci cucinati alla brace od in umido bagnati dallo stesso vino, triglie all’anconetana, primi piatti importanti e carni bianche cucinate semplicemente
Stefano Maria Meconi
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