Piatto della gastronomia preparato con baccalà, patate, pomodorini, cavoletti neri, fette di pane casereccio raffermo abbrustolito, olio extravergine d’oliva, cipolla, sale e pepe.
Aree di rinvenimento del Prodotto: Velletri (RM)
Cenni storici e curiosità
Nell’immediato dopoguerra le campagne veliterne cominciarono ad essere ripopolate dai contadini ritornati dal fronte che riprendono le loro attività nei campi, trovandosi ad affrontare le ferite del territorio e la grande miseria causata dal lungo conflitto. I bisogni immediati e le privazioni li costrinsero ad ingegnarsi per procurare almeno un pasto giornaliero, perciò raccoglievano tutto quello che la nostra generosa terra offriva. Così: la potatura delle viti offriva i fascetti (le matticelle) per la cottura del pane e per il fuoco della cucina; tra i filari delle vigne, che pure producevano uva e vino, venivano piantati fave e carciofi; gli olivi permettevano la produzione di un meraviglioso olio; le erbe spontanee venivano gustate sia crude che cotte. Tra queste: il cavolo nero (cavoletto) che nel periodo autunnale, cresce rigoglioso nelle campagne veliterne. Ricordano i nostri nonni che, in questo periodo dell’anno, i contadini si recavano di buon mattino al lavoro nei campi: lavoro duro, eseguito interamente con la forza delle braccia e con i pochi attrezzi ricavati, per lo più, da oggetti di uso quotidiano e che le donne, per mettere insieme un pasto nutriente, raccoglievano i cavoletti dal terreno e li cuocevano insieme a patate e baccalà (alimenti a quei tempi ritenuti poveri e reperibili a basso costo), con cui bagnavano il pane raffermo, aggiungendo un filo d’olio. Questa “zuppa” veniva consumata dopo alcune ore di duro lavoro nei campi ed era l’unico pasto che li sosteneva fino a sera, al loro rientro a casa. Da allora, questo povero, umile ed insieme grande piatto, è entrato a pieno titolo, a far parte della nostra tradizione culinaria e della nostra storia, pur annoverando fra i suoi ingredienti un elemento estraneo al nostro territorio, come il baccalà che, però, a quei tempi aveva un costo molto basso e forniva un valido nutrimento per le genti, divenendo, perciò, parte integrante della “zuppa di cavoletti velletrana”.
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